Ortaköy

Progetto: Ortaköy / Sapinuwa: i documenti in lingua hurrica
Sito: Ortaköy
Direttore scientifico: Aygül Süel
Team di ricerca: Gernot Wilhelm, Mauro Giorgieri e Stefano de Martino
Anni: 2013-in corso

La città di Sapinuwa

Le rovine della città ittita di Sapinuwa si trovano in Turchia in prossimità del villaggio di Ortaköy (40°15'10''N 35°14'15''E), a 55 km a sud-est della moderna città di Çorum e a 60 km da Hattusa, la capitale del regno ittita di Hatti. Gli scavi archeologici in questo sito sono iniziati nel 1990 sotto la direzione di Aygül e Mustafa Süel e, dopo la morte prematura di quest’ultimo, continuano ad opera della sola Prof.ssa Süel (ora Università di Çorum).

Sapinuwa era nota prima della scoperta delle rovine di Ortaköy grazie alla sua menzione in molte tavolette ittite provenienti sia da Hattusa, sia dalla città di Tapikka (Mashat Höyük). Essa fu fondata dal re ittita Tuthaliya II/Tashmi-Sharri nella prima metà del XIV secolo a.C. e è stata residenza regia al tempo di questo sovrano. Il sito ha continuato ad essere un centro importante del regno ittita anche nel secolo successivo.

Sapinuwa ha un’estensione di circa 9 km2 e, dunque, era una delle città più grandi del Vicino Oriente del Tardo Bronzo. Nell’area di Tepelerarası sono stati riportate alla luce quattro fabbriche architettoniche monumentali. L’Edificio A, che sorge nella parte più elevata del sito e aveva un’estensione di circa 2500 m2, era la residenza del re e della famiglia reale. L’Edificio B conserva un ingente numero di pithoi per lo stoccaggio e la conservazione di derrate alimentari. Gli Edifici C e D dovevano avere carattere religioso e servire per la celebrazione delle cerimonie di culto. Nell’Area G sono stati riportati alla luce laboratori artigianali per la produzione di oggetti in metallo e particolarmente significativo è il ritrovamento di matrici per la fusione di figure miniaturistiche che dovevano andare a decorare mobili e casse lignee. Infine, nell’adiacente area di Agılönü è stata scoperta una terrazza lastricata in pietra dell’estensione di circa 2000 m2 che doveva essere parte di un complesso con funzione cultuale.

Le tavolette cuneiformi

Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce circa 4000 testi cuneiformi e questo è il lotto più numeroso di documenti ittiti rinvenuti al di fuori di Hattusa. Le tavolette appartengono a tipologie testuali diverse e sono scritte in svariate lingue, ittita, hurrico, accadico, sumerico e hattico, in maniera del tutto analoga alla documentazione riportata alla luce nella capitale ittita.

Di particolare interesse sono le lettere della corrispondenza internazionale scambiate tra la corte ittita e i sovrani delle altre grandi potenze del tempo, l’Egitto, l’Assiria, la Babilonia e anche il potentato miceneo di Ahhiyawa. La corrispondenza interna fornisce notizie sulla struttura amministrativa del regno e le relazioni tra i dignitari e funzionari preposti alla gestione amministrativa e alla difesa militare. Le tavolette in lingua hattica e sumerica sono la testimonianza che le collezioni di Sapinuwa comprendevano anche testi della tradizione religiosa e cultuale più antica. Questi testi sono ancora in gran parte in corso di studio. La documentazione epigrafica di Sapinuwa consiste anche di circa 200 sigillature provenienti da sigilli di sovrani ittiti o di funzionari statali.

La documentazione in lingua hurrica

Oltre 650 tavolette in lingua hurrica sono state rinvenute a Sapinuwa nell’Edificio A. La presenza di un così alto numero di testi in hurrico si deve all’interesse che il sovrano Tuthaliya II aveva nei confronti della tradizione culturale e religiosa hurrita. Dopo l’annessione del regno di Kizzuwatna, che era rimasta sotto il controllo politico del regno di Mittani per lungo tempo, e l’arrivo a corte della principessa kizzuwatnea Nikka-madi consorte di Tuthaliya I, la famiglia reale ittita aveva iniziato ad apprezzare la cultura hurrita mediata attraverso la documentazione che i sovrani ittiti avevano trasferito da Kizzuwatna a Hattusa. Tuthaliya II è il primo sovrano che porta anche un nome hurrita, Tashmi-Sharri, ed entrambe le sue mogli, Sadandu-Heba e Tadu-Heba, hanno un nome hurrita.

Lo studio della documentazione in hurrico da Sapinuwa è portato avanti da un team internazionale coordinato da A. Süel, di cui fanno parte G. Wilhelm, M. Giorgieri e S. de Martino e che è supportato anche dal Centro Scavi Torino. Due convegni si sono tenuti a Torino (2013 e 2017) su queste tavolette e più in generale sulla città di Sapinuwa.

Un lotto numericamente significativo di tavolette contiene diverse versioni di un rituale di purificazione hurrita che era già noto da testi rinvenuti a Hattusa e che viene definito nei colofoni come rituale itkalzi, una parola hurrita derivata dal termine itk- “purificare”.

La documentazione di Sapinuwa ha permesso di raggiungere una migliore conoscenza di questo rituale. Possiamo ritenere con grossa verosimiglianza che il rituale fosse stato celebrato per la prima volta in occasione delle nozze di Tuthaliya II con Tadu-Heba dopo la scomparsa della prima consorte del sovrano. Il rituale aveva lo scopo di purificare il corpo del re e quello della regina e forse anche di assicurare l’arrivo di una prole. Questo rituale è stato creato e composto su ordine del re specificatamente in occasione del suo matrimonio grazie alla consulenza di esperti di rituali di origine kizzuwatnea. L’archetipo di questo rituale nella sua versione originaria era stato scritto in hurrico su ventidue tavolette. Il rituale itkalzi ha goduto di grande fortuna nell’Anatolia ittita ed è stato successivamente trasformato in versioni che potevano essere celebrate anche per committenti diversi dal sovrano e in maniera più semplice. Sono note, così, altre tre versioni, una di dieci tavolette e in ittita e hurrita destinata ad un committente qualsiasi di sesso o maschile o femminile, una in ittita e hurrita detta “Il Grande rituale itkalzi”, e una versione ridotta in hurrita.

Elementi caratteristici di questo rituale sono le lunghe litanie pronunciate dall’esecutore del rituale nelle quali le divinità sono invocate perché assicurino il buon risultato delle operazioni di purificazione. In queste litanie si ripetono in maniera ossessiva le stesse parole, spesso però in collocazioni sempre diverse all’interno della frase. Le differenze e gli errori riscontrabili nei manoscritti che conservano questi rituali sono l’indizio della difficoltà di memorizzare queste lunghe recitazioni.

Infine, il “Grande rituale itkalzi” conserva una lunga evocazione di fiumi e sorgenti la cui acqua purissima e trasparente è invocata nel contesto dei riti di purificazione. Questa parte del rituale è di chiara derivazione mittanica e infatti i toponimi menzionati, città e montagne vicine alle sorgenti e ai fiumi evocati, erano tutte collocate nel territorio del regno di Mittani dalla città di Ninive, alla regione dell’alto fiume Khabur, e fino alla Siria occidentale. Dunque, il rituale conserva un relitto della tradizione letteraria e religiosa di Mittani che era stata acquisita dai ritualisti kizzuwatnei e che attraverso di essi è arrivata a Sapinuwa.