Khuzestan

Progetto: Missione congiunta Italo-Iraniana in Khuzestan
Sito: Khuzestan
Direttori: Vito Messina (CRAST), Jafar Mehr Kian (RICHT-ICAR)
Anni: 2008-2017

La Missione congiunta Italo-Iraniana in Khuzestan opera nell’area della moderna cittadina di Izeh, sulla strada che attraverso i monti Baktiari conduce da Ahwaz a Isfahan e Shiraz. I lavori sul terreno, iniziati a Hung-e Azhdar, un villaggio situato all’entrata di una valle circa 17 km a nord di Izeh, proseguono attualmente a Kal-e Chendar, nella valle di Shami, ca. 15 km più a nord. Il progetto, che mira ad indagare le testimonianze archeologiche dell’antica Elimaide, rientra nel quadro di accordi di cooperazione quinquennale tra l’Iranian Center for Archaeological Research (ICAR) del Research Center of the Iranian Cultural Heritage and Tourism Organization della Repubblica Islamica dell’Iran (RICHT) e il Centro Scavi Torino. Altre istituzioni coinvolte nel progetto sono il Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino (DAD, già DITAG), e il Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino (DSS, già SAAST). La missione è in parte finanziata dal Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Italiana (MAE) e ha beneficiato del munifico contributo della Fondazione CRT di Torino fino al 2010.

Hung-e Azdhar

Prima campagna

Scansione laser del rilievo rupestre di Hung-e Azhdar e ricognizione preliminare dell’area circostante (4 – 12 marzo 2008)

Principale obiettivo della missione è stata la ricognizione tramite scansione laser di un rilievo rupestre di età partica, raffigurante una scena di omaggio o di investitura (?), scolpito sulla superficie di un masso situato nei pressi delle pendici meridionali della valle. Il rilievo, lungo circa 5,40 m ed alto circa 2,10 m, si erge a circa 1,50. La profondità dello scolpito, che copre una superficie di circa 11 m2, varia da circa 1 a circa 15 cm. Sono raffigurati nella parte sinistra un cavaliere barbuto seguito da un attendente e nella parte destra quattro figure maschili stanti. Questa raffigurazione suscita grande interesse nel contesto dell’arte dell’antica Elimaide, poiché l’iconografia e lo stile delle figure sono alquanto differenti: mentre le figure stanti sono rappresentate frontalmente e in vesti iraniche, il cavaliere e il suo attendente sono le uniche figure nel contesto dei rilievi rupestri partici ad essere di profilo. La cronologia e l’interpretazione della scena sono per questi motivi assai controverse e il quadro storico della commissione e realizzazione dell’opera cambia enormemente: alcuni studiosi collocano la realizzazione del cavaliere e del suo attendente nel contesto della conquista dell’Elimaide da parte di Mitridate I nel 140-139 a.C., o tutt’al più negli anni immediatamente successivi; altri pensano alla tarda età partica (II-III sec. d.C.) per le figure stanti. Il rilievo di Hung-e Azhdar è stato già sottoposto a ricognizione durante gli ultimi decenni. Queste ricerche hanno permesso di acquisire numerose immagini fotografiche e disegni che, sebbene di altissima qualità, non permettono un esame approfondito. Per questo motivo, uno degli obiettivi principali del nostro progetto è stato l’utilizzo di uno scanner laser. Questa tecnologia può infatti permettere un esame assai dettagliato della superficie scolpita con misurazioni precise della profondità in punti differenti della scena figurata e gettare, in questo modo, nuova luce sulle tecniche scultoree impiegate nella realizzazione delle diverse figure. Inoltre, anche l’erosione della superficie può essere sottoposta ad indagine, integrando le informazioni progressivamente acquisite tramite scansioni periodiche da poter confrontare con i dati già elaborati. La superficie scolpita del masso è stata suddivisa in 34 settori quadrati, ognuno di 60 cm di lato. Circa 15.000 marker sono stati fatti aderire alla superficie, a una distanza non superiore ai 5 cm l’uno dall’altro, così da permettere allo scanner di riconoscere la sua posizione nello spazio tridimensionale. Ogni settore è stato scansionato separatamente dagli altri con uno scanner manuale ad alta definizione (handyscan 3D modello HZ), mosso perpendicolarmente alla superficie, ad una distanza di ca. 15-20 cm dalla roccia: i 34 settori sono stati acquisiti come file digitali alla risoluzione più spinta (1,95 mm), sovrapponendo con una tolleranza del 10% i lati adiacenti. Lo scanner non ha mai toccato la superficie durante le operazioni. Sono inoltre state acquisite immagini con una camera fotogrammetrica digitale (modello Kodak DCS PRO 14m) per integrare le informazioni fornite dalla scansione laser: sono stati scattati 22 fotogrammi a una distanza di 5.3 e 1.3 m (per i dettagli). Tramite un ricevitore GPS (modello Topcon Hiper PRO) sono stati fissati sul terreno dei capisaldi per la ricognizione topografica, mentre 70 punti di riferimento (ground control points) sono stati acquisiti sulla superficie scolpita tramite una stazione totale (modello Topcon Get 3005N), così da delineare una griglia topografica utile anche per ricognizioni future. In questo modo, la natura numerica e tridimensionale dell’informazione acquisita può essere inserita in un unico sistema di riferimento. I files acquisiti sono stati uniti su un unico supporto ed elaborati nei laboratori del DITAG, permettendo la realizzazione di un modello digitale 3D del rilievo rupestre formato da 7.692.104 punti con una precisione approssimativa di 0,2 mm. Le immagini acquisite dalla camera fotogrammetrica sono state elaborate per ottenere un’ortofoto digitale e delle “immagini solide” della superficie scolpita. Le immagini solide sono immagini digitali i cui pixel comprendono le coordinate x, y e z, e permettono di inserire l’informazione in un sistema di riferimento noto, in modo da misurare distanze, angoli e aree. Queste si configurano come file RGB ad alta risoluzione (non ortorettificati), integrati da una matrice numerica della stessa risoluzione, contenente l’informazione tridimensionale della superficie scansionata. Un software specifico (SirIO) è stato creato per la gestione di questi dati.

Questo permette di gestire tutti i file elaborati – il modello 3D, l’ortofoto e le immagini solide – su un’unica piattaforma: tracce di utensili, diversità nella profondità dello scolpito e la naturale conformazione della roccia saranno esaminati per verificare se nelle due parti della scena figurata, oltre alle evidenti contraddizioni iconografiche e stilistiche, sono anche rilevabili differenze nella tecnica scultorea e tracce di riscolpitura. Considerata la mancanza di indagini accurate nella valle di Hung-e Azhdar, una ricognizione preliminare dell’area circostante è stata pianificata allo scopo di rilevare tracce di ulteriori resti archeologici. È stata quindi sottoposta ad indagine un’area circoscritta di ca. 4400 m2 nei pressi del masso scolpito, la quale ha rivelato la presenza di frammenti di ceramica e di frammenti ossei, raggruppati assieme a del pietrisco. Questi raggruppamenti di forma irregolare si dispongono intorno al masso in tutte le direzioni e sembrano imputabili a un contesto archeologico molto disturbato. Ne sono stati identificati almeno 19.

Seconda campagna

Laser scanning dei rilievi rupestri di Hung-e Azhdar, Hung-e Yaralivand, Hung-e Kamalvand, topografia della valle di Hung-e Azhdar e sondaggi stratigrafici di fronte al masso di Hung-e Azhdar (9 Febbraio – 2 Marzo, 2009)

La Missione congiunta Italo-Iraniana in Khuzestan ha portato a termine la 2a campagna nell’ area di Hung-e Azhdar, allo scopo di ampliare le ricerche iniziate durante la 1a campagna (2008). Membri della spedizione per parte Iraniana sono stati Jafar Mehr Kian (ICAR, condirettore), Yalda Sourani (ICAR, architetto), Mehdi Faragi (ICAR, archeologo), Neamatollah Salashoor (archeologo), Mojtaba Shokrollahi (fotografo) e Ali Reza Ismaili (tecnico), per parte Italiana, Vito Messina (Centro Scavi Torino, condirettore), Paolo Ardissone (DITAG, archeologo e topografo) e Cristina Bonfanti (DITAG, architetto). Supervisore del Centro Scavi Torino è il Prof. Antonio Invernizzi, supervisore del DITAG il Prof. Fulvio Rinaudo. Obiettivi della campagna sono stati:

  1. l’acquisizione tramite scansione scanner della superficie naturale del masso di the Hung-e Azhdar e della superficie scolpita dei rilievi rupestri di Hung-e Yaralivand e Hung-e Kamalvand;
  2. la topografia della valle di Hung-e Azhdar;
  3. l’apertura di un sondaggio stratigrafico davanti al rilievo di Hung-e Azhdar.

1. Scansione laser dei rilievi di Hung-e Azhdar, Hung-e Yaralivand e Hung-e Kamalvand

1a. Situazione precedente alle operazioni

La ricognizione preliminare dei rilievi di Hung-e Azhdar, Hung-e Yaralivand e Hung-e Kamalvand ha evidenziato la presenza di bersagli per fotogrammetria sulla superficie scolpita di tutti i rilievi. Si tratta di bersagli in carta di forma rettangolare, fatti aderire alla superficie rocciosa tramite una colla molto resistente. Questi interventi non sono pertinenti al presente progetto e i relativi bersagli erano già stati fissati sulla roccia prima dell’inizio delle nostre operazioni. La presenza di questi bersagli è stata segnalata alle autorità locali. Inoltre, la ricognizione preliminare del rilievo di Hung-e Azhdar ha permesso di rilevare sulla superficie delle chiare tracce dovute all’erosione provocata dell’acqua piovana: queste sono in larga parte dovute a una crepa longitudinale nella parte alta del masso, che canalizza sulla superficie scolpita l’acqua proveniente da precipitazioni atmosferiche.

1b. Laser scanning

Le operazioni di acquisizione con il laser scanner si sono protratte per 4 giorni. La superficie naturale che circonda il rilievo partico di Hung-e Azhdar è stata acquisita a una risoluzione di ca. 1 mm. I nuovi dati saranno integrati con quelli già acquisiti durante la 1a campagna, così da ottenere un modello digitale 3D completo di questa parte del masso. Il rilievo rupestre di Hung-e Yaralivand raffigura due figure maschili stanti, ognuna delle quali indossa una tunica campaniforme su ampi pantaloni. Si tratta di figure frontali, ad eccezione dei piedi, che sono di profilo. La figura nella parte destra tiene la mano sinistra al fianco, quella nella parte di sinistra tiene al fianco la mano destra. La scena è interpretata come un’investitura (H.E. Mathiesen, Sculpture in the Parthian Empire. A Study in Chronolgy, I-II, Aarhus 1992, 123-124). La superficie scolpita è stata suddivisa in 9 settori quadrati, ognuno di ca. 60x60 cm. Sulla superficie sono stati fatti aderire dei markers che permettessero allo scanner di riconoscere la sua posizione nello spazio: si tratta di markers circolari, del diametro di ca. 5 mm, che sono stati completamente rimossi dopo le operazioni di acquisizione. Ogni settore è stato separatamente acquisito con uno scanner manuale ad alta precisione (model HZ), mosso perpendicolarmente alla superficie, a una distanza da essa di ca. 15-20 cm. Lo strumento non ha mai toccato la superficie. Il rilievo di Hung-e Kamalvand è stato acquisito impiegando la medesima tecnica, la sua superficie essendo stata suddivisa anch’essa in 9 settori quadrati, di ca. 50x50 cm. Nella scena sono presenti una figura maschile frontale abbigliata al solito modo di fronte a un cavaliere che incede verso destra. Un’iscrizione in elimaico corre sulla parte superiore della scena: “Fraate il sacerdote, figlio di Kamnaskires” (Hinz, 1963, 171). Si ritiene generalmente che nell’iscrizione si faccia riferimento al cavaliere (T.S. Kawami, Monumental Art of the Parthian Period in Iran, Acta Iranica, 26, Leiden 1987, 72-73), per il quale si annuncia una discendenza regale, mentre la figura stante resta da identificare. Secondo T.S. Kawami (ibid., 73) si tratterebbe di un membro dei Kamnasiridi dotato di un certo potere, forse più religioso che civile, sulla regione di Izeh. I dati acquisiti sono stati elaborati nei laboratori del DITAG, con un’approssimazione di ca. 0.2 mm. Sono state anche riprese immagini con una camera fotogrammetrica digitale (model Kodak DCS PRO 14m) allo scopo di integrare le informazioni ottenute dalla scansione laser. Si sono così ottenute delle ortofoto digitali e delle “immagini solide” delle superfici scansionate. Queste sono immagini digitali che contengono per ciascun pixel le informazioni relative alle coordinate x, y, z, in modo che sia possibile misurare all’interno di un sistema noto distanze, angoli ed aree. Punti di controllo sono poi stati acquisiti con una stazione totale allo scopo di referenziare nello stesso sistema tutte le informazioni acquisite.

1c. Elaborazione dei dati

Il modello digitale 3D completo del rilievo di Hung-e Azhdar è composto da 7.712.000 punti; quello di Hung-e Yaralivand da 2.467.745 punti; quello di Hung-e Kamalvand da 2.378.347 punti. L’elaborazione preliminare dei dati acquisiti a Hung-e Yaralivand ha rivelato la presenza di un’iscrizione nella parte superiore della scena scolpita, che non è visibile ad occhio nudo: essa è infatti quasi del tutto erosa e solo trace assai esigue sono state percepite. Si tratta di un’iscrizione in elimaico, ovvero in aramaico del gruppo cd. “sud-mesopotamico”, molto simile a quella scoperta a Hung-e Kamalvand. Quest’iscrizione non era stata precedentemente rilevata ed è inedita. La traslitterazione e la traduzione sono state affidate al Prof. F. Pennacchietti (Università di Torino) e al Dott. Marco Moriggi (Università di Catania).

2. Topografia della valle di Hung-e Azhdar

Seguendo il fondovalle, è stata stabilita una rete con 6 capisaldi, col ricorso alla stazione totale: 5 capisaldi sono stati poi acquisiti anche tramite un ricevitore GPS (modello Topcon Hiper PRO). A partire da questi capisaldi la rete è stata incrementata rilevando 2462 ground control points (GCP), sia sul fondovalle sia sul versante meridionale: si è utilizzato un prisma riflettente (a 360°) per stabilire le curve di livello. I dati sono stati georeferenziati. La mappa mostra che il fondovalle si trova a una quota approssimativa di 836-837 m sul livello del mare (SLM) e che l’area investigata si trova a una quota di ca. 842 m SLM. L’area che ha rivelato resti archeologici copre una superficie di ca. 4.200 m2 intorno al masso scolpito ed è collocata tra le coordinate 3533070-3533130 N and 392610-392690 E UTM (LL: 31°55’43.58’’ N, 49°41’40.96’’ E).

3. Sondaggi stratigrafici a Hung-e Azhdar

3a. Situazione precedente allo scavo

L’area selezionata per l’apertura di sondaggi stratigrafici si trova ai piedi del versante meridionale della valle di Hung-e Azhdar, subito a sud del rilievo raffigurante la scena di investitura, estendendosi per ca. 140 m2. In questo punto, il piano di campagna digrada lievemente verso il centro della valle e alcuni grandi massi, crollati dalla falesia in tempi remoti, sono in parte conficcati nel suolo, ergendosi per alcuni metri. Quest’area, denominata Area 1, era stata oggetto di una ricognizione preliminare nel corso della 1a campagna, che aveva rivelato chiare tracce di scavi non autorizzati. Ciò è stato conformato da un’ulteriore ricognizione durante l’attuale campagna: almeno 5 fosse di forma irregolare e una lunga trincea erano infatti ancora ben visibili sulla superficie, con terra di risulta ammucchiata sui lati di ciascuno di essi. Questa situazione ha evidentemente molto disturbato il contesto archeologico.

3b. Sondaggi stratigrafici nell’Area 1

Tre sondaggi di ridotta estensione (due di 4 m2, uno di 6 m2) sono stati aperti all’interno dell’Area1 e, successivamente, due di questi sono stati unificati in un unico sondaggio di ca. 17 m2. Questi sondaggi, denominati HeA 1 001, HeA 1 002 e HeA 1 003 sono situati in prossimità del masso scolpito: il sondaggio HeA 1 001 si trova ca. 3,5 m a sud-est del masso, il sondaggio HeA 1 002 si trova ai suoi piedi, nella parte occidentale, il sondaggio HeA 1 003 si trova ca. 5 m a sud, all’incirca al centro dell’Area 1, ma il suo limite settentrionale è stato ampliato sino a una distanza di 1,5 m dalla superficie scolpita. Il sondaggio HeA 1 001 misura 2x2 m e, in quel punto, la superficie non sembra essere stata interessata da trincee moderne: lo scavo è cominciato da una quota di superficie di 842.208 m SLM. La presenza di due grossi massi ha ostacolato la prosecuzione dei lavori; un ulteriore masso riveste un certo interesse perché sembra essere stato posizionato appositamente ne luogo in cui si trova: esso copre infatti uno strato contenente cocci ceramici che si estende oltre i limiti di scavo. Uno spesso strato di pietrisco è stato raggiunto al di sotto dello strato contenente cocci ceramici: questo strato di pietrisco copre un livello costituito da sole pietre a una quota di 841.203 m SLM. Il sondaggio HeA 1 002 misura anch’esso 2x2 m. In questo punto, una fossa recentemente scavata disturba profondamente il contesto archeologico. Lo scavo ha rivelato un certo numero di punte di freccia in ferro e un anello con castone amigdaloide sul quale è inciso un ritratto maschile di profilo a destra. La pertinenza di questi reperti è tuttavia incerta, a causa della fossa moderna. Lo stesso strato di pietrisco rinvenuto nel sondaggio HeA 1 001 è stato raggiunto a una quota di 841.258-841.138 m SLM. Il sondaggio HeA 1 003 è il più esteso all’interno dell’Area 1, essendo stato allargato sino alle dimensioni di 5x3 m verso il sondaggio HeA 1 002 e ad esso unificato, partendo da un sondaggio di 1x2 m. In corrispondenza del sondaggio HeA 1 003 erano presenti 4 fosse scavate di recente, che ne hanno disturbato il contesto. Per questo motivo, la ceramica rinvenuta non è chiaramente stratificata, anche se 3 livelli sono stati identificati in fase di scavo verso il limite orientale. Anche in questo sondaggio sono state rinvenute molte punte di freccia in ferro, nell’area vicina al sondaggio HeA 1 002, assieme a frammenti di figurine in terracotta fatte a mano raffiguranti dei cavalli. In quest’area, che è quella più vicina al masso scolpito, sono state rinvenute delle strutture costruite con pietre a secco, sia in superficie, sia a livelli più profondi. I resti di queste strutture proseguono oltre i limiti di scavo e, conseguentemente, esse non sono state interamente esposte. La struttura SU 11 è quella più prossima alla superficie, a una quota di 842.178 m SLM: essa è formata da pietre relativamente grandi, poste in opera in modo da formare una pianta quadrangolare. Questa struttura è stata parzialmente distrutta dallo scavo della fossa moderna che ha tagliato gli strati archeologici del sondaggio HeA 1 002. La struttura SU 11 giace sulla struttura SU 12, la quale è quasi del tutto ignota perché nascosta da quella recenziore. La struttura SU 13 è la più antica delle tre, essendo parzialmente coperta dalla struttura SU 12: questa ha pianta rettangolare ed è costruita con pietre di piccole dimensioni, poste in opera a secco, verosimilmente appositamente sbozzate. Sono stati esposti tre angoli della struttura SU 13: si tratta di una piattaforma di 1,3x2,2 m, orientata secondo la superficie scolpita del masso, la quale si trova a meno di 2 m. Tra le pietre poste in opera a secco, sono stati rinvenuti in situ dei cocci ceramici appartenenti a una particolare classe di impasti, caratterizzata da una mescola organica con nucleo annerito che indica un’incompleta ossidazione durante la cottura. Tutti i sondaggi sono stati ricoperti.

Terza campagna

Hung-e Azhdar, Hung-e Yaralivand, Tang-e Sarvak (10 aprile 10 – 7 maggio 2010)

La Missione Congiunta Italo-Iraniana in Khuzistan ha condotto la 3a campagna nei siti di Hung-e Azhdar, Hung-e Yaralivand, Tang-e Sarvak. Membri della missione sono stati Jafar Mehr Kian (ICAR, archeologo, condirettore), Yalda Sourani (ICAR, architetto), Mehdi Faragi (ICAR, archeologo), Neamatollah Salashoor (archeologo) e Loghman Karimi, Ebrahim Ahmedian, per parte iraniana, Vito Messina (Centro Scavi Torino-SAAST, archeologo, condirettore), Paolo Ardissone (DITAG, archeologo-topografo) e Cristina Bonfanti (DITAG, architetto), per parte italiana. Ad Izeh la missione è stata coadiuvata dall’ Ayapir Cultural Heritage CHB.

Obiettivi della missione:

  1. scavo a Hung-e Azhdar: durante la 2a campagna, tre trincee stratigrafiche sono state aperte di fronte al masso scolpito di Hung-e Azhdar. Lo scavo ha rivelato resti di strutture in pietra a secco purtroppo giacenti in un contesto archeologico molto disturbato, che sono state esposte solo parzialmente;
  2. scansione laser a Hung-e Azhdar: una porzione del rilievo di età partica è stata selezionata per una scansione integrativa, allo scopo di verificare il grado di erosione della superficie scolpita;
  3. scansione laser a Tang-e Sarvak: il cosiddetto Rilievo portico II (o IIA) di Tang-e Sarvak è stato selezionato per una scansione laser che vuole essere la continuazione pratica del corso di formazione “Geomatics and Archaeology”, tenuto a livello teorico a Torino dal 18 al 29 gennaio 2010.

Le operazioni sul terreno sono state pianificate a Tehran dal 10 al 14 aprile, in collaborazione con l’ICAR.

1. scavo a Hung-e Azhdar

La ricognizione topografica condotta nella 1a e 2a campagna ha rivelato che l’area tra il masso scolpito e la parete rocciosa era sopraelevata rispetto al fondovalle con un dislivello di almeno 80 cm: quest’area riparata rispetto alla valle è stata denominata Area 1, mentre l’area esterna è stata denominata Area 2. Nei pressi del masso scolpito, sia l’Area 1 sia l’Area 2 rivelavano chiare tracce di scavi non autorizzati condotti in tempi recenti (almeno 7 trincee sono state identificate nell’Area 1 e molte sono state censite nell’Area 2). La comprensione del contesto archeologico ne risulta, conseguentemente, in parte compromessa, sebbene alcune zone, purtroppo di superficie limitata, si siano poi rivelate intatte. Lo scavo dell’Area 1 ha permesso di esporre all’incirca 100 m2 e di riportare alla luce due strutture in pietra, costruite a secco, caratterizzate da differenti fasi. La più grande si sviluppa su una fronte di almeno 9 m ed è orientata in senso Est-Ovest. Le pietre che la compongono sono allineate su due file parallele e disposte a formare una vera e propria fronte aperta a N, la quale contiene un riempimento di terra mista a detriti (US 15, US 16) in modo da creare come una terrazza di fronte alla valle. Questa bassa terrazza spicca per ca. 30 cm dal piano di calpestio desunto e le pietre impiegate per delinearne la fronte erano in alcuni casi sbozzate in forma regolare, lasciando presupporre che si tratti di materiale di reimpiego. Al di sopra di questa terrazza, un’ulteriore fila di pietre venne deposta per creare una sorta di gradino, alto ca. 30 cm, con lo stesso orientamento (US 14). La terrazza fu sovrapposta su una struttura più antica, verosimilmente più piccola, che fu parzialmente esposta durante la 2a campagna (US 8). Questa segue lo stesso orientamento di quella più recente ma è costruita con pietre di dimensioni più piccole, deposte su uno strato di pietrisco che si è rivelato del tutto privo di materiale ceramico. Al di sotto di questo strato, è stato individuato uno spesso strato di sedimenti anch’esso privo di ceramica, perforato in più punti per oltre 1 m di profondità (US 32). La terrazza più recente è allineata con il gradino che separa l’Area 1 dal resto della valle (Area 2): questo dislivello è stato regolarizzato con la deposizione di due massi di forma (US 6-HeA 1 001 e US 18) contro i grandi massi collassati dalle pendici della valle. Ai piedi del masso scolpito, era stata rinvenuta, durante la 2a campagna, una piattaforma rettangolare: questa ha rivelato 3 fasi (US 11, 12 and 13), essendo anch’essa costruita a secco ma non orientata allo stesso modo della terrazza, poiché segue l’andamento del masso scolpito. Poiché questa struttura era stata tagliata da una moderna trincea clandestina, la sua fase più superficiale (US 11 e 12) è stata rimossa allo scopo di esporre integralmente le fasi più antiche e raccogliere campioni di ceramica ben stratificati: almeno una sua porzione sembrava infatti intatta. All’interno dell’Area 1, due trincee stratigrafiche sono state ulteriormente aperte per raggiungere gli strati più profondi: la prima trincea, un quadrato di 1x1 m, è stata aperta in una zona disturbata, la seconda, un rettangolo di 1,5x2 m, è stata aperta nella parte orientale dell’Area 1, nei pressi del gradino che la separa dall’Area 2 (US 18). Entrambe le trincee sono state poi ricoperte. Presso la piattaforma (US 11, 12 e 13), erano state rinvenute durante la 2a campagna numerose punte di freccia. Durante la 3a campagna ne sono state rinvenute di ulteriori, sia in superficie, sia negli strati più superficiali, mentre in relazione con una delle fasi più antiche (US 12), sono stati rinvenuti oggetti di vario tipo, come piccole campane in bronzo e figurine in terracotta. L’esame dell’impasto dei campioni ceramici ha rivelato che una classe peculiare, caratterizzata da un nucleo annerito, prevale sulle altre. La piattaforma più recente scoperta nell’Area 1 si conservava per quasi tutta la sua estensione. Per questo motivo, i condirettori hanno deciso di proporre il suo restauro in luogo della sua ricopertura. L’andamento della fronte è infatti molto chiaro e le parti lacunose potevano essere integrate da pietre deposte a questo scopo. Allo stesso modo, si può integrare il gradino creato sulla piattaforma stessa (US 4), in modo da renderne apprezzabile l’andamento ad eventuali visitatori.

2. scansione laser a Hung-e Azhdar

La scansione laser è stata condotta allo scopo di verificare l’erosione della superficie scolpita dopo 2 anni dalla prima acquisizione (2008). Un singolo box di ca. 50x50 cm, in corrispondenza della testa del cavallo nella parte sinistra della scena, è stata dunque acquisita con uno scanner manuale alla stessa risoluzione della prima acquisizione. Questa porzione è stata selezionata perché particolarmente esposta all’erosione dell’acqua piovana. I dati saranno elaborati dal DITAG.

3. scansione laser a Tang-e Sarvak

La scansione laser del cd. rilievo II (o IIA) di Tang-e Sarvak è stata condotta come parte pratica del corso "Geomatics and Archaeology", tenuto per la parte teorica a Torino dal 18 al 29 gennaio 2010. Il rilievo selezionato rappresenta una scena di investitura. La superficie scolpita è stata suddivisa in 32 settori quadrati di ca. 50x50 cm ed acquisita con uno scanner manuale ad una risoluzione di 1,17 mm. Le operazioni di acquisizione ed elaborazione preliminare dei dati sono state condotte dai partecipanti al corso, supervisionati da personale del Politecnico di Torino. Le operazioni si sono protratte per 5 giorni, dal 26 al 30 aprile 2010.

Quarta campagna

Marvdasht (Persepoli), Shiraz, Bishapur – Studio dei materiali (27 Dicembre 2011 – 4 gennaio 2012)

La Missione Congiunta Italo-Iraniana in Khuzestan ha condotto la 4a campagna di studio dei materiali rinvenuti durante lo scavo del santuario rupestre di Hung-e Azhdar, terminando le ricerche cominciate durante la 1a campagna (2008) e proseguite durante la 2a (2009) e la 3a (2010). Si tratta di un progetto inquadrato in un protocollo quinquennale (Memorandum of Understanding) siglato tra l’Iranian Center for Archaeological Research (ICAR) della Research Organization of Iranian Cultural Heritage, Handicrafts and Tourism Organization (ROCHHTO) e dal Centro Scavi Torino , che si è avvalso della collaborazione del Dipartimento di Ingegneria del Territorio, dell’Ambiente e delle Geotecnologie del Politecnico di Torino (DITAG) e del Dipartimento di Scienze Antropologiche Archeologiche e Storico-Territoriali dell‘Università di Torino (SAAST) confluente nel costituendo Dipartimento di Studi Storici. Membri della missione sono stati, per parte iraniana, Jafar Mehr Kian (ICAR, condirettore), per parte italiana, Vito Messina (Centro Scavi Torino-SAAST, condirettore). Conformemente al programma concordato tra le controparti, la campagna ha perseguito i seguenti scopi:

  1. ripulitura e conservazione delle strutture esposte a Hung-e Azhdar;
  2. catalogazione dei materiali rinvenuti in fase di scavo a Hung-e Azhdar.

1. Ripulitura e conservazione delle strutture esposte a Hung-e Azhdar

Durante la 3a campagna è stato completato lo scavo dell’area antistante il masso scolpito di Hung-e Azhdar, che ha permesso di esporre strutture databili nella loro fase più recente alla piena età partica (I sec. a.C. – II d.C.) e riconducibili a un piccolo santuario rupestre articolato in una bassa terrazza e una piattaforma addossata al masso scolpito, entrambe costruite in pietra a secco. La buona conservazione e la pertinenza stratigrafica delle strutture della fase più recente hanno incoraggiato a progettare e permesso di realizzare l’integrazione delle lacune strutturali nella muratura a secco. Le strutture emerse sono state lasciate esposte per renderle fruibili ai visitatori del sito e farne meglio comprendere la natura. Come da accordi, nel corso del 2011 sono stati eseguiti lavori di manutenzione dopo le piogge invernali e ripulitura dell’area archeologica.

2. Catalogazione dei materiali rinvenuti in fase di scavo a Hung-e Azhdar

I materiali rinvenuti in quantità relativamente abbondante nelle precedenti campagne sono stati sistematicamente catalogati e schedati su supporto informatico; di essi, infatti, era stata possibile in corso di scavo soltanto una schedatura preliminare. Il loro inserimento in un database relazionale permetterà un più pertinente incrocio dei dati. Il loro catalogo definitivo sarò ultimato con i riferimenti ai materiali di confronto allo scopo di ultimare il rapporto conclusivo degli scavi a Hung-e Azhdar, finalizzato alla pubblicazione.

Kal-e Chendar

Quinta campagna

Valle di Shami – Kal-e Chendar (10 – 17 settembre 2012)

La Missione Congiunta Italo-Iraniana in Khuzestan ha condotto la 5a campagna di ricerche nell’antica regione dell’Elimaide, inaugurando la sua attività sul terreno sul sito di Kal-e Chendar, nella valle di Shami, ca. 30 km a N della moderna cittadina di Izeh. Si tratta di un progetto inquadrato in un protocollo quinquennale (Memorandum of Understanding) siglato tra l’Iranian Center for Archaeological Research (ICAR) della Research Organization of Iranian Cultural Heritage, Handicrafts and Tourism Organization (ROCHHTO) e dal Centro Scavi Torino , che si è avvalso della collaborazione del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino (DAD) e del Dipartimento di Studi Storici dell‘Università di Torino (DSS). Membri della missione sono stati, per parte iraniana, Jafar Mehr Kian (ICAR, condirettore), Ali Berouzi e Fraydoun Taghmassevi, per parte italiana, Vito Messina (Centro Scavi Torino-DSS, condirettore). Conformemente al programma concordato con la controparte iraniana, la campagna ha perseguito i seguenti scopi:

  1. la georeferenziazione del sito;
  2. la ricognizione dell’area di Kal-e Chendar.

La valle di Shami si estende ca. 30 km a nord della moderna cittadina di Izeh, nel Khuzestan iraniano. Il sito di Kal-e Chendar fu indagato nel 1936 da Aurel Stein, famoso esploratore dell’India Office, che vi trascorse pochi giorni, dopo essere stato avvisato del fortuito ed eccezionale ritrovamento di sculture o frammenti di sculture, tra i quali la più importante statua in bronzo di età partica di cui si abbia conoscenza in Iran. I suoi scavi, seppure protratti per poco tempo e condotti su un’area di estensione assai ridotta, permisero di identificare i resti di un edificio di culto, a pianta rettangolare, che ha restituito i frammenti di altre sculture, sia in marmo sia in bronzo. Sul sito doveva sorgere uno dei santuari più importanti della regione in età ellenistica e partica. Nonostante l’enorme interesse storico del sito e l’importanza dei ritrovamenti, nessun’altra missione scientifica ha mai condotto ricerche nell’area, tanto che del principale santuario d’Elimaide non si conosce neanche l’esatta estensione. La prospezione condotta dalla Missione Congiunta Italo-Iraniana, iniziata dopo un’indagine preliminare completata sul sito nel 2010 e una ricerca bibliografica compiuta negli archivi della British Library di Londra e della Bodleian Library di Oxford, dove sono conservati i taccuini e le minute di Stein, è stata condotta sulla base dell’acquisizione di coordinate topografiche nel sistema WGS84, tramite ricevitori GPS palmari. Questo sistema consente di acquisire in poco tempo informazioni puntuali su un’area relativamente estesa, velocizzando i processi di verifica strumentale. L’area indagata, inizialmente ristretta, è stata infatti ampliata alla luce dei ritrovamenti di superficie, i quali hanno permesso di delimitare un primo settore d’interesse esteso per quasi 50 ettari su un cono di deiezione che declina approssimativamente da 1040 a 920 m s.l.m. Sul declivio, sono state identificate imponenti strutture, che non erano state segnalate da Stein: queste sono definibili come terrazze monumentali, contenute da mura poligonali costituite da pietre poste in opera a secco, che si succedono dal basso verso l’alto e furono costruite allo scopo, da un lato, di regolarizzare il declivio stesso, dall’altro, di supportare edifici fabbricati anch’essi in pietra; di questi ultimi, restano ancora sul terreno numerosi elementi strutturali e decorativi, come basi di colonna, lastre e frammenti scolpiti. Grandi pietre da costruzione, tagliate alla bisogna e sottoposte a politura di superficie, sono state utilizzate, come materiale di reimpiego, nei recinti e nelle murature delle case di un moderno villaggio, sorto sui resti del sito archeologico durante gli ultimi 70-80 anni. Esse sono tuttavia ben riconoscibili e testimoniano l’esistenza di edifici imponenti, la cui decorazione architettonica sembra ancora riecheggiare l’influsso della tradizione ellenistica: al loro interno, dovevano essere collocate le statue i cui frammenti sono stati a più riprese rinvenuti nella stessa zona. L’esame delle foto di Stein, acquisite con il permesso della Bodleian Library, e la possibilità di posizionare con relativa precisione alcune di esse nello stesso sistema di riferimento di immagini satellitari acquisite nel 2011 ha permesso di identificare con una buona approssimazione il luogo dove Stein aprì il suo cantiere di scavo e postulare che le strutture allora riportate alla luce, data la loro posizione decentrata nel contesto della terrazza edificata nel punto più elevato del declivio (Terrazza Superiore), la quale si estende per oltre 4.500 m2, non dovevano appartenere al complesso principale ma ad un’area di servizio, o comunque secondaria. Inoltre, intorno alle terrazze, ma soprattutto alle pendici orientali del declivio, la ricognizione ha permesso di localizzare 19 tombe ipogee coperte a volta ribassata, mai menzionate nella letteratura scientifica; si tratta di camere sepolcrali costruite in pietra, in alcuni casi molto ben conservate, sebbene non contengano resti di inumati, poiché sono state violate probabilmente già in età antica. Queste sono databili in base alla loro tipologia alla piena età partica (I-II sec. d.C.) e confermano l’importanza del luogo, poiché indicano l’elevato livello sociale dei defunti deposti a più riprese al loro interno. L’intero sito è poi dominato da un piccolo fortilizio (Qala) posto su uno sperone roccioso che si eleva a sud delle terrazze monumentali, sino a circa 1070 m s.l.m. Si tratta di un contesto archeologico di estremo interesse, non soltanto per l’imponenza delle strutture riconosciute sul terreno, ma anche in considerazione della loro tipologia: non sono infatti note negli altri luoghi di culto dell’Iran ellenistico e partico delle terrazze monumentali disposte in successione digradante, secondo un percorso che ascende dal basso verso l’alto. Considerata l’importanza dei dati acquisiti durante la prospezione, le istituzioni scientifiche iraniane hanno espresso il loro estremo interesse per la conduzione di campagne sul terreno che, nel breve termine, vedano l’apertura di sondaggi stratigrafici per stabilire la successione dei livelli di occupazione del sito e individuare il letto roccioso esteso al di sotto dei detriti di cui è formato il cono di deiezione, e, nel medio termine, prevedano lo sviluppo di scavi in estensione nel contesto di aree di particolare interesse, contestualmente individuate all’interno del sito stesso.

Sesta campagna (1a stagione di scavo)

Valle di Shami – Kal-e Chendar (14 ottobre – 12 novembre 2013)

La Missione Congiunta Italo-Iraniana in Khuzestan (MCIIK) ha condotto la 6a campagna nell’area del villaggio di Kal-e Chendar (valle di Shami), nel quadro di un accordo di cooperazione culturale quinquennale siglato dal Centro Scavi Torino e l’Iranian Center for Archaeological Research (ICAR). La missione è cofinanziata dal Ministero degli Affari Esteri, dal Centro Scavi Torino e dal Dipartimento di Studi Storici (Università di Torino). Membri della missione sono stati Jafar Mehr Kian (condirettore, ICAR), Alireza Bagherian (ICAR) e Mana Rohani (studente), per parte iraniana, Vito Messina (condirettore, Centro Scavi Torino-DSS), Alessandra Cellerino (Centro Scavi Torino-DSS), Enrico Foietta (DSS) e Ilaria Bucci (DSS), per parte italiana. Il programma per il 2013, concordato tra le controparti, prevedeva:

  1. l’apertura di trincee stratigrafiche in diversi punti del sito;
  2. la continuazione della ricognizione già iniziata durante la 5a campagna (2012).

Il sito di Kal-e Chendar fu parzialmente investigato nel 1936 dal famoso esploratore Marc Aurel Stein, che riportò alla luce delle strutture di difficile interpretazione e frammenti di statue in bronzo e pietra, dopo il fortuito rinvenimento di una statua in bronzo più grande del vero oggi conservata al Museo Iran Bastan di Teheran. Nonostante l’importanza dei ritrovamenti, nessuna ricerca è stata condotta da allora. La MCIIK è la prima missione ad aver intrapreso delle ricerche sul terreno. Il sito archeologico sorge su un antico cono di deiezione e ha una forma circa triangolare, essendo delimitato a N e S dal letto di due torrenti oggi esauriti.

1. Trincee stratigrafiche

Nel corso della 6a campagna sono state aperte sei trincee: le Trincee 1, 2, 4 e 5 sono localizzate sulla sommità della cd. “Terrazza Stein”, la Trincea 3 è a localizzata più a N, nei pressi della cd. “Terrazza 3”, la Trincea 6 è localizzata a ovest delle terrazze, oltre il corso di uno dei due torrenti. La trincea 1, orientata in senso N-S, si estende per ca. 48 m2 al centro della “Terrazza Stein”. Si tratta di un’area coltivata, il cui arativo si individua, in profondità, per ca. 30 cm. In questo punto, al di sotto di un sottile strato di deposito contenente qualche frammento ceramico e pochi frammenti di mattone cotto, è stata individuata un’imponente struttura che si estende per più di 8 m in senso N-S e più di 4 m in senso E-O, oltre i limiti di scavo N, S e O. Si tratta di una piattaforma o di un’opera di fondazione costruita con pietre sbozzate poste in opera a secco per contenere un riempimento di terreno, pietrisco e pietre di varie dimensioni. La facciata E di questa struttura si conserva ancora per un elevato di ca. 40 cm. Non è stato possibile appurare se in origine essa emergesse dal piano di campagna circostante oppure fosse sepolta. Uno degli strati che le si addossano conteneva frammenti di ceramica, generalmente databili ad età partica, frammenti di mattone cotto o porzioni di colonna. La Trincea 2, orientata in senso N-S, si estende per ca. 20 m2 all’angolo SO della Terrazza Stein. In questo punto, il muraglione di contenimento sembra infatti proseguire verso N a delimitare la terrazza stessa sul lato O. In questa zona, il piano di campagna si trova ca. 2 m al di sotto del centro della terrazza. Subito sotto la superficie, sono stati individuati i resti di un possente muro di contenimento, costruito con file di pietre poste in opera a secco (almeno sette) e spesso in alcuni punti quasi 4 m. Questo muro, al quale si addossa un riempimento di solo pietrisco, si estende per almeno 5 m in senso N-S, continuando oltre i limiti di scavo. Si tratta probabilmente di quanto resta dell’apparato di contenimento della terrazza stessa, la cui facciata è collassata o è stata pesantemente dilapidata. Occorre rilevare come non siano stati rinvenuti frammenti ceramici durante lo scavo della Trincea 2. La Trincea 3, orientata in senso E-O, si estende per ca. 18 m2, subito a O della cd. “Terrazza 3”. Al disotto della superficie è stata riportata alla luce una complessa struttura in mattoni cotti, parzialmente coperta anche da un moderno muro di contenimento in pietra a secco. Questa struttura, preceduta a E da un piano di calpestio in mattoni cotti di almeno 2,5 x 1,8 m, è un parallelepipedo orientato in senso E-O, che misura 2,5 x 1,8 m. Si tratta probabilmente di una piattaforma in muratura piena, scassata nel centro da una moderna trincea non autorizzata, che ne ha asportato alcuni corsi di muratura per raggiungere gli strati sottostanti. Questi ultimi sono stati raggiunti dopo l’asportazione di un riempimento contenente diversi frammenti di mattone cotto e anche sezioni di colonna in muratura. I mattoni della struttura sono di due formati, misurando rispettivamente 36 x 36 x 8 cm e 36 x 16 x 8 cm, come pure i fusti di colonna ricostruibili sulla scorta delle sezioni rinvenute, i quali potevano avere un diametro di 70 o 64 cm. È verosimile supporre che questa piattaforma in mattoni supportasse un’altra struttura (un altare?), della quale nulla rimane. Sono stati rinvenuti scarsi frammenti ceramici, genericamente databili ad età partica, negli strati superficiali che coprivano il piano di calpestio in mattoni cotti. La Trincea 4 è uno stretto rettangolo di 1 x 10 m a ridosso del presunto muro di chiusura NE della Terrazza Stein. Solo gli strati superficiali sono stati rimossi allo scopo di evidenziare una piccola sezione di muro. Questa è stata rinvenuta ed è composta da grandi pietre non sbozzate poste su più file. Non sono stati rinvenuti frammenti ceramici. La trincea 5, orientata all’incirca in senso E-O, misura 3x10 m. Essa è stata aperta per verificare la presenza di un muro antico al di sotto di un moderno muro di contenimento. Solo gli strati superficiali sono stati asportati. Non essendo emerse tracce di alcuna struttura, la trincea è stata subito ricoperta. Sono tuttavia stati rinvenuti frammenti ceramici, tra i quali le pareti e il bordo di una grande giara da immagazzinamento. La Trincea 6 è stata aperta nel luogo di una tomba a camera già identificata durante la 5a campagna e denominata T9. si tratta di una camera costruita in pietra a secco, di ca. 4,5 x 2,4 m, parzialmente distrutta da una trincea clandestina, che ne ha sfondato parte della copertura. La porzione della tomba rimasta sepolta è stata indagata partendo dalla rimozione dei detriti derivanti dal crollo della copertura, probabilmente a doppio spiovente. Il riempimento di detriti, che ha rivelato la presenza di frammenti ceramici di età partica e, in particolare, di una brocca invetriata databile al II sec. d.C., copriva un pavimento in pietra sbozzata e un basso bancone addossato a uno dei muri perimetrali lunghi, anch’esso in pietra. Non è chiaro se anche a ridosso dell’altro muro perimetrale fosse presente un ulteriore bancone. Questi servivano per supportare verosimilmente dei sarcofagi o delle casse che contenevano il defunto. Date le dimensioni della camera, sembra tuttavia opportuno pensare a una sorta di tomba di famiglia, probabilmente riutilizzata più volte nel corso del tempo.

2. Ricognizione nell’area di Bileva (presso Kal-e Chendar)

Il sito di Kal-e Chendar è sormontato dai picchi di Bileva. Questi sono raggiungibili attraverso una strada lastricata, conservata solo in parte, che dall’area della Terrazza Stein sale attraversando la piccola valle di “Chesmeye Sar-e Murd”. Una parte della zona di Bileva è nota come “Char Qala” (le quattro fortezze), per la presenza di resti archeologici riconducibili a un complesso fortificato montano costruito in pietra a secco. Una ricognizione condotta nell’area ha permesso di rilevare la presenza di murature in rovina, ancora emergenti dall’attuale piano di campagna, e strutture a pianta quadrangolare, forse impiegate come cisterne per la raccolta dell’acqua piovana. La ceramica di superficie, che non è stata raccolta, è genericamente databile dall’età partica a quella islamica.

Settima campagna (2a stagione di scavo)

Valle di Shami – Kal-e Chendar (26 settembre – 14 novembre 2014)

La Missione Congiunta Italo-Iraniana in Khuzestan (MCIIK) ha condotto la 7a campagna nell’area del villaggio di Kal-e Chendar (valle di Shami), nel quadro di un accordo di cooperazione culturale quinquennale rinnovato in quest’occasione dal Centro Scavi Torino e il Research Center of the Iran Cultural Heritage and Tourism Organization (RICHT) congiuntamente con l’Iranian Center for Archaeological Research (ICAR). La missione è cofinanziata dal Ministero degli Affari Esteri, dal Centro Scavi Torino e dal Dipartimento di Studi Storici (Università di Torino). Membri della missione sono stati Jafar Mehr Kian (condirettore, RICHT-ICAR), Mehdi Faraji (archeologo e rappresentante del ICHTO, Khuzestan), Mohammad Reza Bagherian (archeologo, Gilan ICHTO), Mana Rohuani (studente), Mojtaba Shokrollai (fotografo) e Leyla Sharifi (etnologa), per parte iraniana, Vito Messina (condirettore, Centro Scavi Torino-DSS), Alessandra Cellerino (archeologo, Centro Scavi Torino-DSS), Enrico Foietta (dottorando, DSS), Ilaria Bucci (studente magistrale, DSS) e Cristina Bonfanti (topografo DAD), per parte italiana. Il programma per il 2014, concordato tra le controparti, prevedeva:

  1. l’ampliamento di trincee stratigrafiche aperte nel 2013 in diversi punti del sito;
  2. la continuazione della ricognizione già iniziata durante la 5a campagna (2012).

Nel corso della 7a campagna sono state ampliate due delle sei trincee aperte nel 2013 (Trincee 1 e 3) e sono state aperte due ulteriori trincee (Trincee 7 e 8); inoltre sono state scavate in condizioni di emergenza 4 tombe (T7, T20, T23, T24), localizzate in vari punti del sito e oggetto di recenti scavi clandestini. La trincea 1, orientata in senso N-S, è stata ampliata su una fronte di oltre 20 m d’estensione, al centro della cosiddetta “Terrazza Stein”. Si tratta di un’area coltivata, il cui arativo si individua, in profondità, per ca. 30 cm. In questo punto, al di sotto di un sottile strato di deposito contenente qualche frammento ceramico e pochi frammenti di mattone cotto, era stata individuata un’imponente piattaforma (o opera di fondazione) costruita con pietre sbozzate poste in opera a secco per contenere un riempimento di terreno, pietrisco e pietre di varie dimensioni. La facciata E di questa struttura si conservava per una profondità di almeno 40 cm. L’ampliamento ha consentito di verificare come la piattaforma si estenda in senso N-S per oltre 20 m e quanto in profondità poggino i filari più bassi, individuati fino a 70 cm al di sotto della superficie. In alcuni punti, interventi moderni sembrano aver integrato la struttura antica per riutilizzarne la parte più superficiale come muretto di contenimento. Tuttavia, la presenza di filari così profondi che intaccano i livelli archeologici non sembra lasciare dubbi riguardo all’antichità di gran parte della struttura stessa. La Trincea 3, orientata in senso E-O, è stata ampliata soprattutto verso E. Al disotto della superficie era stata riportata alla luce una complessa struttura in mattoni cotti preceduta a E da un piano di calpestio, sempre in mattoni cotti, di 2,5 x 1,8 m. Si tratta probabilmente di una piattaforma in muratura piena destinata a supportare un’altra struttura (un altare?), della quale nulla rimane. L’ampliamento ha consentito di verificare come il piano di calpestio fosse in realtà una scalinata che permetteva l’ascesa verso la struttura da una delle terrazze monumentali (Terrazza 3). Il gradino più basso di questa scalinata coincide con la superficie moderna e dimostra quanto esiguo sia l’accumulo stratigrafico formatosi in più punti del sito. L’ampliamento aveva anche lo scopo di verificare la presenza di strutture analoghe connesse a quella già riportata alla luce: nessuna nuova struttura è stata individuata. La Trincea 7 è un stretto rettangolo di 8 x 8 m a E della Trincea 3, sulla superficie della Terrazza 3. Questa è stata aperta in un punto in cui numerosi frammenti di mattone cotto affioravano in superficie, allo scopo di verificare la presenza di strutture in muratura. È stata invece individuata una struttura, forse moderna, realizzata in pietra sbozzata posta in opera a secco, con frammenti di mattone cotto individuati al di sotto dei suoi filari più bassi o frammisti ad essi. Non è stato individuato alcun materiale archeologico. La trincea 8 è un rettangolo di 9x4 m orientata in senso E-O, subito a E della Trincea 1. Essa è stata aperta per verificare la presenza di strutture connesse con la grande piattaforma emersa dalla trincea 1. Lo scavo ha permesso di individuare uno spesso muro orientato in senso N-S e parallelo alla piattaforma, con delle facciaviste molto regolari, al quale sono stati addossati, in età moderna, muretti molto più sottili, allo scopo di riutilizzare la struttura più antica come muro di spina di piccoli ambienti rettangolari, verosimilmente dei capanni per l’immagazzinamento di orzo o l’accatastamento di attrezzi agricoli. Il muro antico è di particolare interesse, poiché sembra perfettamente allineato alla piattaforma e continua in estensione sia a N sia a S. Scavi clandestini condotti probabilmente poco prima dell’inizio dei lavori sul terreno della MCIIK hanno evidenziato la presenza di tombe monumentali in pietra. Quattro di queste sono state scavate per salvare ciò che restava al loro interno e mettere in luce il loro impianto. Lo scavo ha rivelato trattarsi di tombe a camera, a volte con piccoli annessi laterali, accessibili da pozzetti o, in un caso, da una scala in pietra (T23). In particolare, le tombe T23 e T24 si caratterizzano per le grandi dimensioni e l’impegno architettonico, essendo caratterizzate da camere sepolcrali con bassi banconi di oltre 20 m2. Si tratta di camere ipogee con facciate monumentali costruite in pietra posta in opera a secco, rifoderando grandi fosse scavate nel terreno. Le coperture sono generalmente costituite da lastre in pietra poggiate sui muri perimetrali a formare un doppio spiovente, in alcuni casi alto oltre 2 m dal piano di calpestio. Di particolare interesse si è rivelato l’impianto della T23, poiché caratterizzato dalla presenza di una camera sepolcrale più piccola e una nicchia accessibili dalla scala d’ingresso, all’interno delle quali sono state rinvenute ossa animali che lasciano presupporre l’uso di sacrifici in particolari situazioni. Che le facciate delle tombe fossero visibili, anche nel caso di tombe ipogee, sembra confermato dal rinvenimento di una porta in pietra monumentale purtroppo individuata fuori contesto. Il dato senz’altro più significativo a questo particolare riguardo è costituto dalla presenza di corridoi o percorsi di collegamento tra una tomba e l’altra: ciò lascia presupporre l’esistenza di un vero e proprio complesso sepolcrale di enorme estensione sorto e cresciuto intorno all’area cultuale, eminentemente rappresentata dalla Terrazza Stein. All’interno delle tombe sono stati rinvenuti elementi di corredo: si tratta di oggetti di pregio che testimoniano della ricchezza e dell’elevato status sociale degli inumati.

Ottava campagna (3a stagione di scavo)

Valle di Shami – Kal-e Chendar (1 ottobre – 25 novembre 2015)

La Missione Congiunta Italo-Iraniana in Khuzestan ha condotto l’ottava campagna nell’area del villaggio di Kal-e Chendar (valle di Shami). Il programma per il 2015, concordato tra le controparti, prevedeva:

  1. l’ampliamento di alcune trincee stratigrafiche aperte nel 2014 in diversi punti del sito;
  2. la continuazione della ricognizione già iniziata durante la 5a campagna (2012).

Nel corso dell’ottava campagna sono state ampliate due delle trincee aperte nel 2014 (Trincee 8 e 9) e sono state aperte altre quattro trincee (Trincee 10, 11, 12 e 13); inoltre è stata parzialmente scavata, in condizioni d’emergenza, una piccola tomba rinvenuta nel contesto della Trincea 10. Il sito è purtroppo oggetto di recenti scavi clandestini. La trincea 8, orientata in senso N-S, è stata ampliata su una fronte di oltre 20 m d’estensione, al centro della cosiddetta “Terrazza Stein”. Si tratta di un’area coltivata, il cui arativo s’individua, in profondità, per ca. 30 cm. In questo punto, al di sotto d’un sottile strato di deposito contenente qualche frammento ceramico, era stata individuata un’imponente muratura (o opera di fondazione), costruita con pietre sbozzate poste in opera a secco. Questa struttura si conservava per una profondità di circa 30 cm. L’ampliamento ha consentito di verificare come questa muratura, spessa oltre 4 m in alcuni punti, si estenda in senso N-S per oltre 20 m, correndo parallela alla grande piattaforma individuata nelle scorse campagne nella vicina Trincea 1. In alcuni punti, interventi moderni sembrano aver integrato la struttura antica per riutilizzarne la parte più superficiale come muro di sostegno per muretti più piccoli.

La Trincea 9, orientata in senso E-O, è stata aperta in corrispondenza di una delle tombe individuate durante la settima campagna (T 23). Al disotto della superficie è stato individuato un muro in pietra sbozzata posta in opera a secco e mattoni cotti, delle dimensioni di quelli già individuati nella Trincea 3. Questo muro è in evidente relazione di contemporaneità con la tomba ipogea e sembra configurarsi come una sorta di recinto della tomba stessa, lasciando presupporre la presenza di strutture complesse intorno alle sepolture. Questa impressione è confermata dai dati di scavo emersi dopo l’apertura della Trincea 10, che si trova a sud-est della 9. Qui, nel punto dove un’altra tomba monumentale era già stata individuata (T 24), strutture complesse costruite in pietra sbozzata e composte da ambienti rettangolari, corridoi e, apparentemente, una piccola area aperta, sono state intercettate subito al di sotto della superficie. In questo contesto, la contemporaneità stratigrafica con la tomba resta da verificare, ma la possibilità che possa trattarsi di strutture provvisorie, molto posteriori alla tomba stessa, sembra dover essere esclusa poiché un’altra tomba, molto più piccola e contenente i resti di soli pre-adulti (almeno 3) con corredi databili al periodo tardo partico, è stata scavata incidendo i livelli delle strutture appena descritte. La Trincea 11 non ha restituito alcun dato di rilievo. La Trincea 12, situata ca. 20 m a sud della Trincea 9, ha restituito murature in pietra posta in opera a secco caratterizzate dal medesimo orientamento di quelle identificate nella Trincea 9. In particolare, due muri longitudinali sono allineati con il muro in pietra e mattoni della Trincea 9 e sembrano esserne l’ideale prosecuzione verso sud. Se, con il procedere dei lavori nelle prossime campagne, la loro appartenenza a una medesima struttura verrà verificata dallo scavo stratigrafico, verrà probabilmente identificata la parte di chiusura del recinto intorno alla T 23.

La Trincea 13, localizzata a ovest della Trincea 9, ha invece permesso di intercettare due strutture di grandissimo interesse. Si tratta infatti di grandi piattaforme quadrate, una articolata in nicchie e lesene, l’altra incisa da un piccolo corpo scalare, che, sulla base della loro tipologia, sono da identificare come due grandi piattaforme d’altare. Esse, che si sviluppano ancora in altezza per almeno 1 m nei punti conservati, dovevano supportare piccole istallazioni di culto in evidente relazione con il complesso funerario del sito. Nei pressi di quella situata più a ovest, è stato rinvenuto un betile in pietra, che conferma ulteriormente questa interpretazione, mentre una colonnina rozzamente finita è stata individuata lungo il lato meridionale della stessa piattaforma.

Potrebbe trattarsi dei resti della decorazione architettonica di piccoli sacelli o altari.

In questo contesto, il dato senz’altro già significativo riguardante la presenza di corridoi o percorsi di collegamento tra una tomba e l’altra, deve a questo punto essere ulteriormente integrato dalla presenza oltre alle tombe di istallazioni di culto. Queste evidenze, considerate nel loro insieme, lasciano presupporre l’esistenza di un vero e proprio complesso sacro e sepolcrale di enorme estensione, sorto e cresciuto intorno al santuario maggiore, da identificarsi nella parte più alta del sito, in corrispondenza delle terrazze monumentali, la principale delle quali resta la Terrazza Stein.

Gli elementi di corredo rinvenuti nel corso della settima campagna all’interno delle tombe, in particolare le forme vascolari invetriate, sono stati restaurati durante l’ottava campagna. Si tratta di oggetti di pregio, che non solo testimoniano della ricchezza e dell’elevato status sociale degli inumati, ma sembrano anche rivelare interessanti punti di contatto con la cultura materiale della vicina Mesopotamia partica e si configurano come probabili oggetti d’importazione.

Nona campagna (4a stagione di scavo)

Valle di Shami – Kal-e Chendar (23 ottobre – 16 novembre 2016)

La Missione Congiunta Italo-Iraniana in Khuzestan ha condotto la nona campagna di ricerca in Iran, corrispondente alla quarta stagione nell’area del villaggio di Kal-e Chendar (valle di Shami). Il programma per il 2016, concordato tra le controparti, prevedeva:

  1. l’ampliamento e verifica di alcune trincee stratigrafiche aperte nel corso del 2015 in diversi punti del sito;
  2. la continuazione della ricognizione già iniziata durante la 5a campagna (2012).
  3. la continuazione della campagna topografica già iniziata durante la 6a campagna (2013).

Nel corso dell’ottava campagna (2015) erano state ampliate due delle trincee aperte nel 2014 (Trincee 8 e 9) ed aperte altre quattro trincee (Trincee 10, 11, 12 e 13); inoltre venne stata parzialmente scavata, in condizioni d’emergenza, una piccola tomba rinvenuta nel contesto della Trincea 10. Il sito è purtroppo oggetto di continui scavi clandestini. Nel corso della presente campagna, è stata soprattutto indagata l’area della Trincea 13, e la parte che si estende a N di quest’ultima.

Nel contesto della Trincea 13, localizzata a ovest della Trincea 9, dove già lo scorso anno erano state identificate due strutture di grandissimo interesse, una terza struttura, analoga per tipologia e impianto, alle precedenti è stata riportata alla luce: si tratta di tre grandi piattaforme quadrate, una articolata in nicchie e lesene, una incisa da un piccolo corpo scalare, la terza, quella identificata quest’anno, a gradoni, che, sulla base della loro tipologia, sembrano interpretabili come grandi piattaforme d’altare. Esse, che si sviluppano ancora in altezza per almeno 1 m nei punti conservati, potevano supportare piccole istallazioni di culto in evidente relazione con il complesso funerario. Nei pressi di quella situata più a ovest era stato rinvenuto un betile in pietra, che sembra conferma ulteriormente questa interpretazione, mentre una colonnina rozzamente finita era stata individuata lungo il lato meridionale della stessa piattaforma: potrebbe trattarsi dei resti della decorazione architettonica di piccoli sacelli o altari. Non è tuttavia da escludere che queste tre piattaforme siano degli epitymbia, sebbene di notevoli dimensioni. Scopo di scavi futuri sarà appunto di indagare l’area circostante le piattaforme in profondità per accertarne la funzione.

A Nord della Trincea 13, i colleghi iraniani hanno indagato due tombe monumentali (T26 e 28, nelle Trincee 14, 15 e 18) che, sebbene oggetto di spoliazione nel corso del tempo da parte di scavatori clandestini, conservavano ancora in situ le originali porte di chiusura incardinate in massicci incavi di pietra. Queste avevano decorazioni analoghe a quelle della porta in pietra erratica rinvenuta durante la settima campagna nei pressi della tomba T24. Il dato senz’altro di maggior interesse è tuttavia costituito dalla loro disposizione planimetrica, affacciandosi le due tombe su una piccola area scoperta accessibile da un vicolo orientato in senso N-S, ed addossandosi al naturale pendio del terreno – la T 26 –, o alla bassa terrazza che sostiene le piattaforme identificate nella Trincea 13 – la T 28. Questo dimostra che, come già era stato teorizzato in precedenza grazie ai ritrovamenti della settima campagna, le tombe dovevano far parte di grandi complessi ed essere in comunicazione tra loro.

In questo contesto, il dato senz’altro già significativo riguardante la presenza di corridoi o percorsi di collegamento tra una tomba e l’altra, deve a questo punto essere ulteriormente enfatizzato e integrato dalla presenza, oltre alle tombe, anche di istallazioni di culto. Queste evidenze, considerate nel loro insieme, lasciano presupporre l’esistenza di un vero e proprio complesso sacro e insieme sepolcrale di enorme estensione, sorto e cresciuto intorno al santuario maggiore, da identificarsi nella parte più alta del sito, in corrispondenza delle terrazze monumentali, la principale delle quali resta la Terrazza Stein.

La continuazione della campagna topografica ha permesso di identificare, nel vertice meridionale del cono di deiezione sul quale insiste l’area archeologica, un insieme di case abbandonate in un’area nota localmente come Saleh Vand: si tratta di abitazioni risalenti ad alcuni decenni orsono; esse, tuttavia, insistono almeno in parte su antiche strutture che meritano indagini ulteriori, poiché potrebbe trattarsi dei resti di antiche abitazioni nei pressi di una sorgente e del fiume oggi esausto.

Decima campagna (studio dei materiali)

Settembre –  novembre 2017

La campagna ha preveduto un lavoro di studio dei materiali. Lo scavo ha consentito il recupero di differenti tipologie ceramiche, databili dall’inizio del periodo ellenistico (fine IV sec. a.C.) al tardo periodo partico (seconda metà II sec. d.C.). I frammenti ceramici sono raramente presenti in strato, tuttavia, a causa della compressa stratigrafia e di fenomeni di flottazione sul letto roccioso in pendenza che caratterizza la podologia del sito, mentre forme intere o semi-intere vengono invece più frequentemente recuperate in contesti funerari.

Frammenti diagnostici sono stati classificati seguendo principi tassonomici ormai consolidati nella pratica di documentazione archeologica: ciò ha permesso la distinzione di almeno 4 classi principali, dalla ceramica comune a quella invetriata, e l’identificazione di frammenti, particolarmente in ceramica invetriata, molto simili a produzioni della vicina piana di Susa e della più lontana Mesopotamia. Solo ulteriori studi potranno permettere di stabilire se si tratta di imitazioni o importazioni, ma emerge con chiarezza come i corredi funerari appartenessero a una produzione di standard elevato, evidentemente commissionata da una clientela abbiente e di elevato status sociale.

Oltre alla classificazione tassonomica, la ricerca sui materiali è proceduta anche su base archeometrica, con la collaborazione dei Dipartimenti di Chimica e Fisica dell’Università di Torino (Ente co-finanziatore della Missione attraverso il Dipartimento di Studi Storici). Le analisi archeometriche, condotte sia attraverso microscopia elettronica sia attraverso analisi delle componenti principali (PCA) ha permesso di affinare la suddivisione in classi già operata su base tassonomica.

La PCA e l’analisi petrografica hanno permesso osservazioni al microscopio a scansione elettronica (SEM) e la verifica della composizione chimica delle vetrine e degli impasti, unitamente ad alcune osservazioni sui processi produttivi. Uno degli obiettivi di queste analisi è certamente quello di confrontare la composizione chimica dei reperti rinvenuti a Kal-e Chendar con quelli inventariati in anni precedenti durante gli scavi francesi dei vicini siti di Majid-e Sulayman e Bard-e Neshandeh (oggi conservati al Louvre di Parigi), o con siti più distanti ma di eccezionale importanza come Babilonia, ma è interessante rilevare come già ora la classificazione degli impasti ricavata dalla PCA non diverga in modo sostanziale da quella stabilita tramite procedure più convenzionali.