Beirut

Progetto: Le arcate del Banco di Roma
Sito: Beirut
Direttore scientifico: Giorgio Gullini
Direttore di scavo: Fedora Filippi
Anni: 1994-1997

In occasione della ricostruzione del centro città dopo la guerra civile vennero alla luce molti resti delle vicende urbanistico-architettoniche di Beirut, dall’età neolitica fino all’impero ottomano. L’intervento italiano ha cercato di documentare nella maniera più completa i risultati sul terreno di queste indagini, introducendo i principi e le metodologie dell’archeologia urbana: dobbiamo ricordare in particolare le documentazioni, soprattutto le campagne di rilievo fotogrammetrico e con il laser-scanner, di quanto venuto in luce in uno dei più importanti quartieri centrali della città. Il progetto ha inoltre compreso una campagna di scavo archeologico condotta in Place de l’Etoile negli anni 1996-1997.

La storia

Beirut, oggi capitale del Libano, occupa una posizione particolarmente rilevante sulla costa orientale del Mediterraneo: grande porto ed emporio commerciale dell’antichità, univa all’apertura sul mare la facilità di contatti con l’entroterra. La rete viaria antica le permetteva, infatti, un rapido accesso alla regione siriana, attraverso la Valle della Biqa’, nonché un facile collegamento con le principali città costiere dell’area, comprese fra la Turchia meridionale e l’Egitto. La colonizzazione romana della costa “siriana” segue immediatamente la battaglia di Azio e il conflitto dal quale nacque l’impero romano. Rispondendo a ragioni strategiche di controllo di un’area del Mediterraneo caratterizzata da grande tradizione storica e propulsività commerciale, la fondazione di colonie romane nei principali centri della costa e dell’entroterra siriano fornisce inoltre uno sfogo alla eccessiva densità dell’esercito, ricompensando le truppe fedeli all’imperatore tramite assegnazione di terre in regioni di recente occupazione. La fondazione della Colonia Iulia Augusta Felix Berytus, benché ancora controversa, dovrebbe essere fatta risalire al primo periodo imperiale romano. Dal 22 al 19 a.C. Ottaviano Augusto percorre le province orientali, stabilendo a Beirut Vespasiano Agrippa, in veste di governatore. Questi avrebbe stanziato a Beirut due legioni, assegnando loro una parte del territorio della Valle della Biqa’. La città godette, grazie ad Augusto, di diritti romani e di importanti privilegi, fra i quali lo ius Italicum (ca. 15 a.C.), che ne esentava i cittadini dal pagamento delle tasse.

Nel corso della seconda metà del XIX secolo, Beirut subì importanti trasformazioni grazie soprattutto allo sviluppo del settore commerciale e ad un’intensificazione dei rapporti con l’Europa, divenendo ben presto uno dei centri più importanti dell’impero ottomano. Sotto il regno di Abdul Hamid II (1876-1909), nel 1888, Beirut assurse al rango di capitale distrettuale: per la prima volta dall’epoca dell’impero romano, la città tornò ad essere il porto principale del Mediterraneo orientale, godendo della reputazione di «vetrina» dell’impero ottomano, certo non immeritata se il Kaiser Guglielmo II, visitandola nel 1898, la definì il «gioiello della corona del Padishah». La posizione assunta dalla città di Beirut si tradusse, quindi, in un programma di rinnovamento architettonico ed infrastrutturale: edifici di governo, ospedali pubblici, sviluppo delle reti di comunicazione (stazioni ferroviarie, infrastrutture portuali e servizio postale), monumenti celebranti la gloria del sultano, scuole pubbliche, canali d’irrigazione e di acqua potabile, introduzione dell’illuminazione a gas e della linea tranviaria contribuirono alla modernizzazione di Beirut. Gli interventi urbanistici comportarono, inoltre, la costruzione di una rete di strade che collegavano il centro-città al porto. Nell’arco di un decennio appena (fra il 1894 e il 1903), si assistette ad un’intensa modernizzazione dei tracciati viari urbani ed extraurbani (l’inaugurazione della ferrovia Beirut-Damasco si data al 3 agosto 1895). Alla creazione di nuove strade e alla regolarizzazione di vecchi percorsi si aggiunsero lavori di riabilitazione, pavimentazione e manutenzione dei tracciati in uso, a testimonianza dell’impegno profuso in questa direzione dall’amministrazione ottomana. È, dunque, su un tessuto urbano accuratamente pianificato che si inserisce l’ultima, determinante trasformazione urbanistica che risale all’epoca del Mandato francese e che ridefinisce radicalmente l’aspetto dei quartieri storici della città, imponendo un tracciato occidentale che, pur non privo di fascino, snatura tuttavia radicalmente lo spirito della metropoli levantina.

Le campagne di rilievo

Il primo intervento italiano (1994-1995) consistette nella realizzazione di una campagna di rilievo fotogrammetrico delle c.d. “arcate del Banco di Roma”, un portico a nicchie, realizzato in marmo e calcare locale, che delimitava la fronte meridionale del Foro romano. Le riprese fotogrammetriche hanno non solo fornito una documentazione accuratissima della facciata monumentale ma hanno ugualmente investito le retrostanti sostruzioni che, contenendo il pendio della collina, garantivano la presenza di un passaggio coperto, alle spalle della facciata. Il secondo intervento italiano (1996) ha interessato l’area centrale di Place de l’Etoile, dove si è svolto uno scavo archeologico che ha fornito ulteriori validi spunti interpretativi alla conoscenza dell’articolazione spaziale del Foro romano. Lo scavo archeologico è stato affiancato da una campagna di rilievo fotogrammetrico, condotta su alcune strutture, indagate rispettivamente dall’American University of Beirut (BEY045) e dall’Università Libanese (BEY004), e rivelatasi di fondamentale importanza, in ragione della sistematica distruzione alla quale il sito BEY045 è stato più tardi sottoposto. Quest’ultimo era uno straordinario complesso architettonico, di cui si sono potute documentare le due fasi principali, rispettivamente riconducibili alla piena fase coloniale romana e al primo periodo bizantino (successivo al terremoto che nel 551 d.C. distrusse completamente la città di Beirut). Quanto all’asse viario, in cui si era riconosciuto il Cardo Maximus, il rilievo fotogrammetrico, inserito nella rete topografica successivamente realizzata, ha consentito di avanzare importanti rettifiche alla precedente interpretazione storica, che ricostruiva per la Beirut romana una scacchiera di isolati regolari, scanditi da vie ad incrocio ortogonale, parallele a due assi stradali principali. A completamento dell’intervento italiano, una campagna topografica (1997) ha permesso di ricondurre ad una rete di riferimento assoluta le strutture sino ad allora posizionate su scala esclusivamente locale.

L’indagine archeologica in Place de l'Etoile

L’intervento a Beirut del Centro Scavi Torino promosso da Giorgio Gullini si inquadra nell’ambito della difficile fase della ricostruzione del centro storico della città avviatosi nel 1994, che vide coinvolte molte équipes archeologiche europee nel tentativo di documentare e salvaguardare l’importantissimo patrimonio archeologico di un sito dalla storia plurimillenaria. L’impegno della missione italiana si concentrò, a partire dal 1994, nella centrale Place de l’Etoile, sede del Parlamento libanese. In occasione della ricostruzione di un palazzo annesso al Parlamento erano emerse le strutture relative ad una facciata articolata in nicchie relativa alla sostruzione monumentale di età romana di una collina a sud di una piazza definita a valle dalla Basilica civile della città romana e a est da un portico colonnato che negli anni ’60 era stato inserito in una piccola area archeologica al centro della piazza. Il Presidente del Parlamento incaricò il Centro Scavi Torino di documentare e realizzare lo smontaggio del portico a nicchie e di curare l’indagine archeologica al centro della piazza che avrebbe dovuto essere preliminare alla ricollocazione di una torre orologio e alla creazione di un museo sotterraneo. Tale progetto prevedeva infatti di connettere spazialmente l’antico Foro della città con la soprastante Place de l’Etoile, attuale nodo del centro storico della Beirut moderna raccontando la sequenza insediativa conservata in sette metri di stratigrafia. Esso non fu attuato a causa dell’interruzione dello scavo causata dal passaggio del nuovo sistema fognario nella piazza che determinò la manomissione del deposito archeologico. Come è noto, dopo la fase ellenistica, la città, posta su un promontorio proteso nel Mediterraneo, divenne la prima – e rimase a lungo l’unica – colonia romana della provincia di Siria per volontà di Augusto con il nome di Colonia Iulia Augusta Felix Berytus. Se le fonti antiche la descrivono ricca di monumenti, le complesse vicende storiche della città hanno finora impedito di trovare riscontri archeologici soddisfacenti soprattutto per la zona pubblica. Lo scavo condotto al centro della piazza ha documentato tutta la sequenza insediativa a partire dal suq ottomano, attraverso le diverse fasi medievali, bizantina e tardo romana. Ma è in particolare la fase della rifondazione in età augustea a proporre interessanti questioni in relazione alla cultura che la colonia espresse, ponte tra la parte orientale e quella occidentale dell’impero romano. Proprio il programma urbanistico e i suoi monumenti pubblici possono fornire qualche indicazione in tal senso. L’indagine ha consentito di proporre una prima ipotesi ricostruttiva sull’assetto del cosiddetto Foro occidentale di Berytus, che fu oggetto di importanti rinnovamenti architettonici nei secoli successivi alla rifondazione di età augustea e in particolare in età severiana.